Nettuno rappresenta l’inconsolabile sofferenza umana. Nulla può colmare il vuoto che evoca perché quel vuoto è senza fondo.
Riflettevo su questo pensiero in questi giorni in cui sto sentendo i primi accenni del transito di nettuno in quadratura alla luna.
La Luna, tra i tanti aspetti che fa nel mio tema, è in quadratura a Plutone, mentre Nettuno in prima casa quadra Marte in IV.
Intuisco fin da ora che molto di quel nettuno in I casa è stato ricacciato nell’ombra da Marte. Tra i due io mi sono identificata particolarmente con Marte in Aquario che governa l’ascendente Scorpione. Marte in Aquario è un’energia piuttosto fredda e razionale. Tollera molto poco l’emotività debordante di quel nettuno in I casa.
Così mi è tornato in mente un episodio successo tanti anni fa quando ero ragazzina. Ricordo che c’era un dibattito aperto con mio padre sulla condizione dei tossicodipendenti, un tema ai tempi molto discusso che divideva l’opinione pubblica italiana. Era l’epoca in cui Muccioli nella comunità di San Patrignano si occupava del loro recupero anche con metodi discutibili.
Io, allora, mi sentivo molto paladina dei tossicodipendenti. Ne intuivo la fragilità, la vulnerabilità, il disagio che li portava a perdersi completamente. Mio padre era intransigente. Non accettava la loro debolezza e li condannava senza appello.
Così il nostro confronto diventava ogni giorno più acceso e le nostre posizioni si polarizzavano. Io sempre più votata alla loro salvezza, lui sempre più critico e intollerante.
Finché siamo arrivati al punto di rottura. Durante un ennesimo confronto, io sono scoppiata a piangere urlando qualcosa come:
Ma non ti accorgi che io sono fragile come loro!
La bomba era scoppiata. La ragione vera, seppur inconsapevole, per cui io cercavo quegli scambi era accorciare la distanza emotiva tra di noi, volevo essere vista da lui, essere amata da lui.
Ma le cose andarono diversamente. Semplicemente quella fu l’ultima volta che affrontammo l’argomento e la distanza tra di noi divenne ancora più inconciliabile. Io però da quel momento, sentendo quella parte “fragile” di me rifiutata, devo aver iniziato a rimuoverla, a ricacciarla sempre più fuori dalla mia coscienza.
È evidente, ma lo è stato solo molto tempo dopo, ciò che accadeva in quei confronti dialettici. Io portavo in scena l’infinito bisogno d’amore e di salvezza di Nettuno e mio padre incarnava Marte in Aquario, distaccato, razionale e sarcastico.
Il conflitto incarnato da questi due archetipi è senza soluzione finché si manifesta su un piano umano in una modalità inconsapevole. Nettuno non può che supplicare Marte di salvarlo, di agire per porre fine alla sua sofferenza. Marte, invece, trova insopportabile la debolezza e la vulnerabilità di Nettuno e allo stesso tempo teme quel potenziale invasivo e lotta per difendersi e allontanarlo.
Il punto è che questi archetipi sono entrambi miei. Quel conflitto prima che fuori è sempre stato dentro di me.
Come uscirne? riconoscendo questa dinamica, innanzitutto. Nel momento in cui la vedo non la sto più agendo nell’inconsapevolezza dell’identificazione o della negazione.
Tanti anni fa ho tagliato fuori quella parte di me rifiutata. Mio padre non ha saputo vederla perciò ho smesso di farlo anche io.
Ora è tempo di farle spazio. Ora, caro Nettuno, ti vedo.
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